L’avvocato deve risarcire il cliente in diversi casi: ecco come tutelarsi chiedendo il risarcimento dei danni e non farsi fregare.
Se un cliente non vince una causa, ci sono circostanze in cui può richiedere il risarcimento del danno all’avvocato. Secondo la giurisprudenza non sempre è possibile agire contro il legale, anche se ha compiuto un errore come uno sbaglio nella strategia, una errata interpretazione delle norme o ha dimenticato di presentare delle prove.
Il cliente può richiedere il risarcimento del danno in alcuni casi, quando scatta la responsabilità professionale, in modo da potersi tutelare e non farsi fregare.
I casi in cui l’avvocato deve darti ricchi risarcimenti
Per chiedere il risarcimento del danno, al cliente non basta dimostrare l’errore che l’avvocato ha commesso nella causa persa. La Cassazione, con la sentenza n. 7309/17 ha chiarito che è necessaria anche un’ulteriore prova ovvero che, in assenza di tale errore, l’esito del giudizio sarebbe stato più favorevole (una condanna meno severa o una vittoria).
È necessario che ci sia quindi un danno effettivo, concreto e attuale che è anche il principio per cui si può ottenere in genere un risarcimento. Per condannare il legale dunque è importante che il giudice adito nell’azione di responsabilità professionale faccia una valutazione rispondendo alla domanda: che esito avrebbe avuto la causa se l’errore non fosse stato commesso?
Se l’esito sarebbe stato lo stesso anche senza l’errore, allora il legale non sarà tenuto al risarcimento. Se al contrario, eliminando l’errore, l’esito sarebbe stato favorevole, allora l’avvocato dovrà risarcire il danno in maniera proporzionale al danno subito. L’avvocato è tenuto a un obbligo di mezzi, e non di risultato e deve fare il massimo per ottenere tale risultato. Se il cliente perde la causa, non è dunque responsabile di questo.
Lo diventa solo se ha eseguito la prestazione senza la diligenza dovuta e sempre che da ciò sia derivato un danno concreto. L’avvocato viola una norma deontologica se ad esempio abbandona la difesa del cliente, senza presentarsi più in udienza, una volta compreso che la causa è ormai persa. In questi casi, anche se viene meno ad obblighi deontologici, comunque non sarà tenuto al risarcimento del danno.
Alcuni tipici casi di responsabilità professionale del legale sono:
- violazione degli obblighi di trasparenza: quando l’avvocato, prima di intraprendere il giudizio, non ha avvisato il cliente delle basse possibilità di vittoria oppure lo ha scoraggiato dall’avviare un’azione legale persa in partenza
- violazione degli obblighi di comunicazione: l’avvocato non ha comunicato al cliente, nel corso del giudizio, un evento che potrebbe pregiudicare il buon esito del giudizio
- violazione degli obblighi di difesa: l’avvocato ha dimenticato di presentarsi in udienza
- violazione degli obblighi di diligenza: l’avvocato ha dimenticato di produrre una prova o di chiedere una testimonianza decisiva oppure ha fatto scadere i termini di prescrizione o di decadenza
- violazione delle regole di aggiornamento professionale: l’avvocato non era al corrente di una nuova interpretazione giurisprudenziale che potrebbe comportare il rigetto delle richieste del proprio cliente
- violazione delle regole di prudenza: l’avvocato ha optato per una strategia rischiosa.
Quando un avvocato ha violato i suoi obblighi professionali e si vuole intraprendere una causa contro di lui, bisogna avere un altro avvocato. Di solito gli avvocati non sono molto propensi ad intentare una causa contro un loro collega ma può spingerli a procedere se ci sono effettivamente tre prove:
- l’errore commesso dal legale
- il danno subito dal cliente
- un rapporto di casualità fra errore e danno.
Se c’è un errore dell’avvocato, questi deve attivare la propria assicurazione professionale che coprirà il cliente del danno sofferto. Quest’ultimo non può rivolgersi direttamente all’assicurazione ma sperare che il legale ammetta la sua colpa.