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Permessi 104 di 3 giorni al mese: se il datore di lavoro non li concede, cosa fare? La soluzione poco conosciuta è questa

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I permessi legati alla Legge 104 sono obbligatori e spettano a coloro che si prendono cura di un soggetto che ha il riconoscimento apposito.

In tutto sono tre giorni al mese e si possono applicare laddove vi sia la necessità di procedere a visite specialistiche, attività o bisogni del paziente che ha una disabilità. Il datore di lavoro è tenuto a riconoscere alla persona il suo diritto ma in ogni caso si può ovviare ad eventuali limitazioni senza problemi.

Cosa fare se il datore di lavoro non concede i permessi per 104 (sulmonaoggi.it)

Il datore di lavoro non può decidere di voler negare il diritto ai tre giorni di permesso previsti dalla Legge 104 per assistere un parente in una condizione di disabilità grave. I permessi sono una delle tutele previste dalla legge e dal mondo del lavoro, garantiti dalla legge del 1992 e quindi non opzionabili.

Legge 104 e permessi mensili: cosa fare se non vengono concessi

Negli ultimi tempi è stato fatto anche un lavoro di implementazione, creando ancor più flessibilità nell’uso di queste giornate che possono essere fruite da più persone per lo stesso paziente. Una vera novità per quanto riguarda l’assistenza che viene così anche meglio organizzata nel medesimo nucleo familiare. La legge stabilisce che i caregiver lavoratori hanno diritto a tre giornate in cui si possono assentare dal lavoro in modo inderogabile.

Legge 104, quali sono gli obblighi e i diritti (sulmonaoggi.it)

Su questo quindi il datore non può in alcun modo intervenire ponendo limitazioni. Da questo si evince anche che la persona non può rifiutare il diritto, a meno che non vi siano circostante eccezionali. Negando i giorni di permesso di fatto commette un illecito. La cosa importante è ovviamente trovare sempre un accordo quindi, salvo condizioni improvvise e necessarie, è fondamentale che ci sia armonia sul luogo di lavoro quindi che si tenga conto delle proprie necessità individuali ma anche quelle organizzative che quindi sono relative al proprio ruolo.

Elementi fondamentali da considerare in questo caso sono le capacità del lavoratore nel prevedere le giornate, quindi darne avviso in tempo affinché il lavoro possa essere organizzato, salvo ovviamente condizioni improvvise. In questo caso però è chiaro che può capitare di tanto in tanto non in maniera continuativa. È importante da un lato non compromettere il criterio di assistenza e dall’altro stabilire dei criteri condivisi, sempre considerando anche il lavoro. Sicuramente per la legge il diritto prevale sempre sulle esigenze dell’azienda, quindi è chiaro che sarà prioritario ma per una vivibilità ottimale è giusto e doveroso organizzarsi.

Oltre ai tre giorni di permesso, il lavoratore ha diritto in alternativa a fruire di permessi orari retribuiti che vengono calcolati in base all’orario di lavoro giornaliero: 2 ore al giorno per chi lavora più di 6 ore, 1 ora al giorno per chi lavora meno di 6 ore. Laddove la questione vada oltre e vi siano limiti imposti dal datore di lavoro, ci si può rivolgere ad esperti come avvocati o consulenti, rivolgersi quindi ai sindacati e all’ispettorato del lavoro.

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