Puntare sulla cedola o sul capital gain? Su un prodotto in euro o uno in valuta? Su tassi fissi e costanti o con altra struttura dei rendimenti? Sono queste alcune delle domande che attanagliano l’investitore quando giunge il momento della scelta. Un comportamento più che comprensibile, specie quando essa è proiettata sul lungo periodo.
Prendiamo il caso dei titoli di Stato già emessi e quindi in circolazione sul MOT, il Mercato Telematico delle Obbligazioni. Meglio un bond a cedola corposa o con un elevato potenziale di crescita dei prezzi? Al tal riguardo, se cerchi un titolo di Stato a lungo termine che incorpori una buona cedola e una plusvalenza nel tempo.
Quando puntare di più sull’interesse e quando sul movimento dei prezzi?
Spesso, ma non sempre, anche chi è poco propenso al rischio è allettato dall’idea di guadagnare sul capital gain, ossia di speculare sui prezzi. Alla cedola fissa e periodica non guasta mai quell’extra reddito dovuto al fatto che il proprio titolo si sia apprezzato.
Tuttavia, si tratta di un’operatività che presuppone conoscenza del prodotto e la predisposizione ad assumersi dei pericoli. Se si carica il bond sotto cento e lo si porta fino al termine, allora il rimborso a 100 finale è assicurato dall’emittente. Ma se si vendesse l’obbligazione prima della scadenza o se l’acquisto fosse avvenuto sopra cento, cosa potrebbe avvenire?
C’è poco da fare, rischio e rendimento non vanno tanto d’accordo, per cui se si punta sull’uno bisogna sacrificare l’altro. Il discorso si complica notevolmente nel caso del trading “aggressivo” sui bond, al pari di quanto avviene sulle azioni di Borsa.
Tuttavia, si tratta di un’operatività solitamente circoscritta a una cerchia ristretta di investitori caratterizzati da due elementi. Primo, notevolissima propensione al rischio, che nulla ha a che vedere con quella dell’investitore medio. Secondo, profonda conoscenza delle tecniche di trading, anche se poi si tratta di capire se sono strategie vincenti o meno e come le si applica nel concreto.
Cerchi un titolo di Stato a lungo termine che incorpori una buona cedola e una plusvalenza nel tempo?
Ora, anche per gli investimenti si può cercare il giusto equilibrio tra rendimento e plusvalenza nel tempo. Facciamo un esempio.
Il 1° settembre 2016 il Tesoro ha emesso l’obbligazione con ISIN IT00005240350 e con scadenza alla stessa data del 2033. Il rimborso finale avverrà quindi tra poco più di 9 anni e mezzo. Il bond paga una cedola annua lorda (stacco semestrale) del 2,45%, cioè un tasso né alto né trascurabile. I bond di nuova emissione su (quasi) stesse durata, ossia a 10, hanno cedole più generose.
Tuttavia, c’è che il BTP prezza a 90,55 centesimi, per cui il rendimento effettivo lordo a scadenza è del 3,73%. A ottobre il bond lo si acquistava anche intorno agli 81 centesimi, quindi a prezzi decisamente più allettanti degli attuali.
Ora, il titolo si porterà a 100 da qui a breve? Difficile dirlo e, onestamente, anche pensarlo. La scadenza del bond non è dietro l’angolo e la stagione dei tagli dei tassi è ancora lì tutta davanti da scrivere. Al momento il mercato ha scontato (su tutti i bond, questo incluso) buona parte dei prossimi, possibili tagli BCE.
Ottimizzando il prezzo di carico dell’obbligazione e tenendolo in portafoglio per alcuni semestri, non sarebbe irrealistico cumulare cedole e plusvalenza. L’importante è avere un’adeguata strategia operativa e piena cognizione dell’operazione in sé