Tempo, rischio, spese, ritorni e analisi dei prodotti concorrenti sono da sempre i parametri chiave attorno ai quali ruota ogni investimento. Che si tratti di uno strumento del reddito fisso quando di uno del capitale di rischio, poco cambia. Il risparmiatore punta alla massimizzazione della propria funzione di utilità, stop.
Ora, da qualche mese i ritorni offerti dagli strumenti a capitale garantito sono scesi rispetto ai picchi del passato, per cui è quasi vietato sbagliare. Prendiamo il caso dei conti deposito (CD), per esempio. In particolare, come scegliere il conto deposito più conveniente per valorizzare nel tempo il capitale con il massimo rendimento?
Partiamo dalle uscite: quanto costa tenere un CD? Il Fisco e gli emittenti non distinguono tra conti liberi e vincolati. Le banche che lo propongono non prevedono quasi mai costi di attivazione, gestione e chiusura.
Diverso, invece, il fronte tributario. La ritenuta fiscale sugli interessi è del 26,00%, mentre è del 12,50% sui prodotti a garanzia statale (buoni e BTP). Ancora, l’imposta di bollo è del 2xmille della giacenza al momento della rendicontazione. Sul mercato non mancano banche che la assolvono in nome e per conto del cliente. Si tratta di strategie commerciali convenienti al cliente, ma da ponderare anche in raffronto al resto delle altre condizioni commerciali.
Un altro parametro delicatissimo attiene alla durata del deposito: breve o corto? Può sembrare un dettaglio da nulla, ma è vero l’esatto contrario. Pensiamo a chi ha vincolato i soldi a inizio decennio su un prodotto non svincolabile e a tasso risicato (rispetto agli attuali). Tutto si può dire, tranne che abbia fatto un affare!
Tuttavia, a prescindere dal timing c’è che gli addetti ai lavori non hanno dubbi nel suggerire quale sia la durata perfetta: breve o al massimo media. Sul lungo termine vi sono altri strumenti più adatti per massimizzare il rendimento.
Lo stesso dicasi per il “quanto” del capitale disponibile versare: una parte, la metà o tutto? La risposta ideale sarebbe: la liquidità in eccesso di breve-medio termine.
Qui tutto dipende dalla necessità o meno del capitale dal momento del versamento fino a scadenza. Se si è sicuri di non doverlo impiegare anzitempo, meglio il conto vincolato: il rendimento è mediamente superiore al conto libero.
Un altro fattore che può fare tanta differenza riguarda la periodicità degli interessi. Arrivano in anticipo (e in tal caso: sono inferiori a quelli posticipati applicati dalla banca sulle stesse scadenze?), sono periodici o tutti rimandati alla fine? Un flusso di incassi periodici possono fare comodo per affrontare spese periodiche, mentre se sono anticipati li si potrebbe reinvestire, per esempio.
Ed infine, l’emittente prevede l’apertura di un c/c (conto d’appoggio) associato o no? In linea di massima è meglio che tale previsione non sia contemplata. Parimenti preferiamo i CD che non prevedano l’adesione a offerte particolari tipo il risparmio gestito, per esempio.
Chiudiamo con i rendimenti: quanto rendono a metà febbraio? Tutto dipende da banca a banca, da quanti e quali parametri entrano in gioco e come sono combinati. Abbiamo fatto una ricerca in rete e visto quanto offrono i “migliori” CD vincolati a 12, 24 e 36 mesi. Gli interessi annui lordi a 12 mesi delle prime offerte oscillano tra il 4 e il 4,45%. Salgono al 4,45 e il 5% sulla durata a 24 mesi mentre scendono al 4,25-4,5% sulla distanza a 35 mesi.
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