La storia di Elvis Presley, il re del rock, è costellata di leggende e curiosità che continuano ad affascinare i fan. Nato nel 1935 a Tupelo, Mississipi, Elvis Aaron Presley aveva diversi soprannomi, ma nessuno riuscì mai a conquistare il suo cuore.
Il soprannome con cui molti lo chiamavano in causa nei giornali o nei programmi televisivi era The King. Era un nomignolo che i suoi fan gli diedero durante l’ascesa verso la fama negli anni Cinquanta. Questo soprannome è diventato un simbolo, ha rappresentato la sua grandezza nel mondo della musica popolare. Era normale per i fan che lo amavano associare la figura di Elvis a quella di un re. Regale, maestoso, magnetico, sul palco non era come gli altri artisti, aveva qualcosa in più, era quasi un semidio.
Ma Elvis non amava quell’appellativo. Lo trovava imbarazzante, sproporzionato alla sua persona e al suo lavoro. Voleva essere ricordato semplicemente come Elvis Presley, senza titoli aggiuntivi. E questo spiega il suo atteggiamento nei confronti della fama e della popolarità che lo imprigionava nelle categorie e lo segregava fisicamente impedendogli di vivere una vita normale. Nonostante il clamore e l’adorazione del pubblico, il rapporto tra la star e la popolarità non fu mai positivo e costruttivo, ma distruttivo. Alla fine, il cantante, si rinchiuse a Graceland, dove cominciò il suo tracollo.
Apparenza o concretezza?
Elvis Presley odiava i suoi soprannomi. E se non apprezzava essere chiamato The King, odiava profondamente quando veniva definito The Pelvis. Per quanto il soprannome fosse geniale, per il significato e per l’assonanza, il cantante ne era molto infastidito. Famoso per i suoi movimenti di bacino, per i movimenti pelvici, Elvis the Pelvis conquistava il pubblico e lo mandava in delirio. Ma quei movimenti che il pubblico prendeva per provocazioni, per lui significavano tutt’altro.
Erano la conseguenza naturale del ritmo, espressione della sua passione per la musica. Nascevano con autenticità e spontaneità, senza calcoli riguardo all’apprezzamento di chi stava a sentirlo e ammirarlo. The Pelvis era un’etichetta riduttiva, così come The King era esagerata. La versatilità di Elvis non poteva essere racchiusa nella definizione di sex-symbol. Tutto ciò che era apparenza era odiato dal cantante, che dell’apparenza aveva fatto la parte più visibile dei suoi show.
Elvis Presley odiava i suoi soprannomi e non amava la popolarità
Il rapporto tra Elvis e la popolarità è stato complesso e controverso. Da un lato la sua fama lo ha reso prima icona e poi mito, dall’altro gli ha dato una pressione che ha contribuito a minare il suo stato fisico e mentale. Da un lato gli ha permesso di guadagnare milioni di dollari, dall’altro lo ha privato della sua vita e della possibilità di essere realmente felice.
È vero che Elvis ha inventato il rock, è anche vero che il rock altro non è che il miscuglio di tanti generi che esistevano già, blues, rhythm and blues, country e gospel. I suoi detrattori dicono che non abbia inventato niente. Ma la verità come sempre sta nel mezzo. Lui ha rappresentato un punto di svolta per gli artisti che sono venuti dopo, ed è sempre stato considerato un punto di riferimento. I Rolling Stone hanno cominciato la loro carriera per esplorare e riproporre in chiave moderna pezzi blues e jazz, volevano andare alla scoperta di un nuovo genere. E si sono ritrovati a fare rock, quello stesso genere che Elvis aveva portato in tv e reso popolare. Si può criticarlo e commentare l’andamento della sua vita dall’ascesa alla caduta. Ma non si può negare che Elvis Presley sia stato il primo grande principe di questo genere incredibile di musica che ha regalato tanti sogni a decine di generazioni.