Nel panorama cinematografico per bambini, diversi film hanno suscitato polemiche e dibattiti perché hanno trattato argomenti sensibili. La censura ha colpito a destra e a manca, alcuni casi hanno fatto più notizia di altri. Ecco una piccola rassegna.
Discriminazione, razzismo e religione rappresentano confini che non possono essere calpestati. Quando un film o una canzone cadono in errore, l’intervento della censura è inevitabile. Anche se ci muoviamo nel campo dei film o delle canzoni per bambini, alcune tematiche sono una vera spina nel fianco. E forse è giusto che lo siano, anche se la censura porta con sé numerose problematiche. Il film Disney, Song of the South, conosciuto in Italia come La capanna dello zio Tom, film tratto dall’omonimo romanzo di Beecher Stowe, è del 1946. Il lungometraggio diretto da Harve Foster e Eilfred Jackson e interpretato da James Baskett, ha ricevuto pesanti critiche. L’età della schiavitù veniva romanzata e gli afroamericani erano stereotipati. La Disney dovette intervenire durante la distribuzione del film nel formato home video.
Anche Peter Pan non l’ha passata liscia. I nativi americani, in questo caso, venivano descritti con superficialità e utilizzando definizioni come “ragazzi perduti”. Anche qui di mezzo gli stereotipi, strumento forse abusato quando non si ha la volontà di trattare gli argomenti delicati così come meriterebbero. È il 1953 e il film d’animazione destinato ai più piccoli alza un polverone aprendo il dibattito circa la responsabilità delle produzioni. Secondo l’opinione pubblica avrebbero dovuto fare di più quando di mezzo c’erano tematiche simili destinati poi ai più piccoli.
Tra i 4 film vietati ai minori troviamo anche l’elefantino Dumbo, classico Disney del 1941. Per l’ennesima volta, i personaggi afroamericani venivano presi di mira, qui dai corvi parlanti, che utilizzavano espressioni comuni per l’epoca, ritenute insopportabili nei tempi più recenti. La richiesta di ritirare il film non è stata accolta, ma alcune versioni home video sono state censurate.
E nel 1992 è stato Aladdin ad alimentare la polemica. Nel film si avrebbe una collocazione errata della storia, una rappresentazione non vera culturalmente del Medio Oriente e una descrizione stereotipata delle persone del posto. Influenzare i bambini con informazioni del tutto sbagliate è stato considerato come atto ingiustificato da parte dei critici della produzione. I guadagni che inizialmente stavano andando alla grande si sono fermati perché la polemica ha portato le persone a dare meno attenzioni a questa pellicola per il resto ben riuscita.
Film del 1964 con la straordinaria Julie Andrews, molto amato da bambini e adulti, Mary Poppins ha alimentato la polemica per via di una sola scena. Mary Poppins e Bert visitano i Falchi della Fantasia, una banda di artisti che include personaggi afroamericani. Per alcuni critici la rappresentazione era passibile di censura, per altri era innocua. Scatta la polemica, che dura anni. Fino alla decisione recente di intervenire ed edulcorare la storia. Questo fatto ha messo in evidenza per l’ennesima volta l’importanza dell’argomento. Argomento caldo e sentito, che prima o poi bisognerà svolgere approfonditamente e fino in fondo, fino a trovare un punto d’accordo.
Succede anche nel mondo delle canzoni per bambini. All’apparenza innocue e pensate per l’intrattenimento dei più piccoli, i testi hanno spesso sollevato dubbi sui messaggi reconditi. Baby, it’s cold outside del 1944, di Frank Loesser, ha creato un putiferio in passato per presunti riferimenti alla coercizione sessuale. Puff, the magic dragon di Peter, Paul and Mary, del 1963, ha rischiato di essere cancellata totalmente per via dei riferimenti a droghe e abusi. Diverse emittenti radiofoniche non l’hanno più trasmessa perché ritenuta non idonea.
Anche in Italia abbiamo avuto problemi simili e di recente. Nel 2018, la canzone Il coccodrillo come fa è stata ritenuta pericolosa perché aveva espressi riferimenti a droga e sesso. La canzone è stata bandita dai programmi per bambini e dalle radio più importanti. Stessa sorte per Siamo fatti così di Cristina D’Avena, che ha cantato la rappresentazione del corpo umano per una serie giapponese che di questo parlava.
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