Molti dicono che non esiste una formula certa per assicurarsi il benessere. Ci sarebbero troppe variabili in gioco, alcune delle quali non solo non dipendono da noi, ma non dipendono interamente neppure da chi le dovrebbe governare.
Detto ciò, il fatto che molte persone riescono ad accrescere con metodo, conoscenza e logica il proprio benessere, indica che statisticamente è possibile aspirare ad ottenere frutti dal nostro denaro. Questo ci porta ad una dei più importanti principi del mondo economico: basterebbe il principio di Albert Einstein per rivoluzionare la percezione sui tassi d’interesse.
Circola la leggenda, mai del tutto chiarita, che il grande fisico e matematico per spiegare il rilievo dell’interesse composto nella crescita delle finanze avesse detto che “l’interesse composto è l’ottava meraviglia del mondo. Chi lo capisce, lo guadagna; chi non lo capisce, lo paga”. Sembra un banale concetto fisico: quando la dimensione di un bene cresce, questo ottiene una base geometrica maggiore per crescere molto più rapidamente. Applicato al mondo economico significa che se otteniamo un profitto da un investimento, anziché trarne immediato, intascandolo, dovremmo reinvestire la somma iniziale più il relativo rendimento per crescere ancora, e più rapidamente. Ma perché i consulenti ci ripetono che questa sarebbe la chiave che potrebbe salvare il trattamento pensionistico di milioni di giovani italiani? In che senso questa intuizione può portare molte famiglie a utilizzarlo come chiave di volta per il futuro?
È un fatto difficilmente confutabile che alcune macro-tendenze italiane portano al rischio pressoché certo di trattamenti pensionistici lontanissimi nel tempo e scandalosamente bassi per le giovani generazioni. D’altro canto, il nostro sistema pensionistico prevede che i lavoratori pagano le pensioni attuali con i propri contributi. E con la durata della vita in aumento, ed i nuovi nati in diminuzione, è certo che in Italia ci saranno troppe pensioni per pochi lavoratori. La chiave, allora, diventa l’orizzonte temporale. Ed il tasso d’interesse composto è una garanzia di crescita proprio nel lungo termine, ovvero nell’arco di decenni. Facciamo un esempio concreto.
Una cifra reinvestita secondo il principio dell’interesse composto, anche se apparentemente ridotta, nel corso di qualche decennio può divenire una colonna ineludibile della nostra terza età. La previdenza complementare diviene così una questione da valutare attentamente già dall’inizio della vita lavorativa. D’altronde il mondo è cambiato, e non possiamo pretendere che principi validi 30 anni fa, debbano essere ancora validi.
Non solo, il legislatore agevola la previdenza complementare con deduzioni notevoli, così come con trattamenti fiscali agevolati negli anni finali dell’impiego. Così, è bene diventare indipendenti dai colpi del destino. Basti pensare questo: un investimento di 20.000 € che rende, a titolo esemplificativo, il 10% annuo, dopo 30 anni di reinvestimento porterebbe ad una cifra di 317.262 €.
Al contrario se l’investitore utilizzasse i rendimenti ritirandoli dall’investimento, e mantenendo investiti solo i 20.000 € iniziali, dopo 30 anni si ritroverebbe una cifra di 78.000 €. È ovvio che un rendimento del 10% è estremamente generoso, ma l’esempio è utile per comprendere quanto la supposta intuizione di Einstein possa portare un cambiamento, letteralmente, rivoluzionario.
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