In passato si chiamava emigrazione lavorativa, con milioni di italiani che per lavoro furono costretti ad andare all’estero. Con i tempi moderni, ormai da decenni, cambiare Stato per lavoro ha assunto il nome di mobilità lavorativa.
Oggi in tutti i settori lavorativi la nostra era è segnata da questa mobilità tra Paesi. Molti sono i lavoratori che svolgono periodi di lavoro al di fuori del territorio nazionale. E quando è il momento di andare in pensione come si fa? Tra riscatti, cumulo, ricongiunzione, e totalizzazione, come si fa a non perdere la contribuzione versata all’estero?
Prenderà una pensione più alta il lavoratore che usa la totalizzazione e pagherà meno tasse
In linea di massima, il lavoro svolto all’estero dal punto di vista pensionistico segue le regole del Paese dove i contributi vengono versati. Si chiama principio di territorialità. Ma è un principio ormai superato perché di fatto la mobilità lavorativa ha costretto gli Stati ad una mutazione delle regole. Altrimenti il trasferimento di Stato per questioni lavorative diventerebbe controproducente dal punto di vista delle prestazioni previdenziali. Oggi in linea di massima il principio della territorialità nei Paesi della UE non esiste più. E non esiste nemmeno con i Paesi con cui l’Italia ha stretto convenzioni di reciprocità. In definitiva, oggi un lavoratore italiano che ha diversi periodi di contributi versati presso Enti Pensionistici esteri può ottenere una pensione unica in Italia, usando anche i contributi versati al di fuori del territorio della penisola.
Ecco i vantaggi della totalizzazione contributiva internazionale
Lo strumento migliore da usare è senza dubbio la totalizzazione dei periodi assicurativi. La totalizzazione contributiva consente il cumulo dei periodi di contribuzione effettuati in ciascun Paese affinché il diretto interessato riesca a raggiungere il diritto ad una sola pensione nel suo Paese di origine. Tra Stati UE nessun problema, mentre la totalizzazione in Paesi extra UE è ammessa solo di fronte ad accordi bilaterali tra Stati sulla sicurezza sociale e previdenziale. Ma la totalizzazione internazionale, oltre a consentire la pensione unica, evita un altro problema di non poco conto.
Si tratta della doppia tassazione previdenziale nei due Paesi oggetto della totalizzazione. Il lavoratore per sfruttare questo strumento deve aver versato il periodo di contribuzione minimo previsto nello Stato estero di lavoro. Il vantaggio di avere una unica prestazione dal proprio Paese di residenza e una minore tassazione. Ma i vantaggi della totalizzazione non finiscono qui. Infatti, anche se occorre verificare bene la normativa previdenziale di ogni singolo Paese, pure la pensione con la totalizzazione diventa più alta. Infatti, in genere la pensione ottenuta con la totalizzazione ha la parte relativa ai contributi esteri più alta rispetto a quella che si otterrebbe dal Paese estero singolarmente. Quindi prenderà una pensione più alta chi sfrutta questo meccanismo.