Il grosso delle preferenze degli investitori sul reddito fisso è sulle brevi e medie scadenze, titoli meno instabili sul mercato dei bond. I titoli lunghi sono in genere più adatti a investitori con elevata propensione al rischio. Per essi le dinamiche dei prezzi sono decisamente più interessanti del “semplice” stacco cedola.
Sul mercato dei sovereign bond, tuttavia, non mancano titoli che coniugano al meglio questi due elementi, anzi a volte tre. Prendiamo il caso del “MXGOV 5,75% 12/10/2110”, l’obbligazione emessa dal Governo messicano a metà giugno del 2017. Bene, questo titolo sovrano in dollari paga una cedola annua del 5,75% per i prossimi 86 anni e ha un rendimento del 6,66%. Scopriamo quali potrebbero essere i pro e i contro del bond.
Tra i titoli centenari più scambiati sul mercato secondario un posto di rilievo lo occupano certamente le due emissioni austriache, il 2117 e il 2120. Si tratta di titoli in euro di un emittente sovrano con alto rating, per cui le cedole sono tirate in rapporto al tempo. Il bond in scadenza nel 2120, per esempio, paga lo 0,85% annuo lordo, ma rende intorno al 2,25% lordo a scadenza (dati: Borsa Italiana) grazie al prezzo sui 47 centesimi.
L’omologo centenario messicano ha ISIN US91086QAZ19 e scadenza al 12 ottobre 2110, tra 86 anni e mezzo, cioè tra un paio di generazioni. La cedola annua lorda è del 5,75% e il lotto minimo di sottoscrizione è di 2mila $ USA. Non solo, ma grazie al’’attuale prezzo di mercato a 87,75 c’è che il rendimento lordo effettivo a scadenza è del 6,66% (fonte: Borsa Italiana).
Dunque, la cedola è un punto di forza del bond mentre il rapporto $/€ potrebbe riservare a scadenza (o alla rivendita) profitti o perdite da cambio. Cioè al termine dell’investimento (qualunque ne sia la data) se il $ si sarà apprezzato sull’€ ci sarà anche un extra guadagno da cambio. Il contrario, invece, avverrà in caso di svalutazione della valuta di denominazione del bond contro la moneta europea.
Un altro elemento cruciale da considerare è il rischio mercato. Tra dicembre 2020 e il gennaio seguente il bond ha toccato il valore di 133 (high a 133,20) mentre ad ottobre 2022 il low è stato a 73. Si tratta di escursioni di prezzo alquanto profonde e da tenere in considerazione, giacché per sua natura il titolo si presta alla rivendita prima del termine.
Infine occhio al rischio liquidità (ad esempio, sul MOT sono più tradati i centenari austriaci) e a quello sovrano. L’obbligazione sarà pure emessa in dollari statunitensi, ma il rating emittente non è dei più solidi in assoluto. Per l’esattezza esso è pari a BBB per S&Poor’s, Baa1 per Moody’s e BBB- per Fitch.
In soldoni, il bond presenta indubbiamente dei pro ma anche notevoli livelli di rischi specifici. In definitiva, si tratta di un prodotto potenzialmente adatto solo investitori alquanto preparati e con notevole propensione al rischio. Ossia investitori capaci di individuare un buon punto di ingresso e di uscita dal trade e di calcolarne a priori tutte le potenziali conseguenze derivanti dalla scelta effettuata.
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