Grilli, formaggio puzzolente, frutta esotica dall’odore nauseabondo, il Mondo è pieno di alimenti che ad alcuni fanno letteralmente schifo. Ecco perché.
L’avversione verso un determinato alimento può essere di tipo culturale, psicologico o fisiologico. Non solo si definisce dalle preferenze personali, quindi, ma anche dalla società in cui si cresce. Le ragioni di tale disgusto rimangono ancora oggi poco chiare, ma si presume che sia una misura di protezione da cibi inadatti al consumo. Ogni cultura ha il proprio alimento disgustoso. Per esempio pochi asiatici o americani avrebbero il coraggio di assaggiare il gorgonzola. Molti europei, al contrario, avrebbero il coraggio di mangiare il durian.
La percezione del cibo varia, sostanzialmente da una cultura all’altra, in particolare per quanto riguarda l’idoneità o meno al consumo. I presupposti naturali e culturali determinano le simpatie e antipatie nei confronti degli alimenti e si consolidano per formare un modello tradizionale di cultura alimentare. Il sentimento di disgusto, ereditato dall’evoluzione dell’uomo per proteggersi dalle tossine, può essere innato o acquisito dopo una brutta esperienza. I bambini, per esempio, rifiutano il cibo amaro, ma lo apprezzano più tardi nella vita. L’odore di nauseabondo scatenato delle proteine in decomposizione scatena la nausea, ma permette di proteggere dalle contaminazioni. Tuttavia, un formaggio dall’odore forte o la selvaggina appesa a stagionare possono diventare una vera prelibatezza. Tralasciando il fattore culturale, molto fa anche quello individuale.
Il gusto è il risultato di una serie di recettori neurologici situati sulla lingua e in parte sul palato. La distribuzione e la sensibilità delle papille gustative varia da persona a persona. Questo significa che ogni individuo percepisce l’esperienza sensoriale di un alimento in maniera differente. Oltre alle papille gustative, l’odore può avere un aspetto rilevante. Ci sono centinaia di recettori specifici nel naso e ognuno ha un mix leggermente diverso. Ad alcune persone, ad esempio, mancano i recettori che permettono di percepire il profumo delle fresie o l’odore alterato dell’urina dopo aver mangiato asparagi. L’insieme di questi fattori fanno percepire la sensazione di disgusto diversa per ognuno di noi. Le variabili da considerare sono molte tra cultura, papille gustative, differenza di genere e genetiche. C’è chi sente molto il sale e non sopporta gli alimenti troppo salati, come per il piccante, il dolce o i cibi speziati. L’avversione verso certi alimenti e il disgusto, in pratica, non è uguale per tutti ed è come fosse una sottospecie di impronta digitale.
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