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Nuova sentenza di Cassazione: adesso è possibile tutelarsi anche in tal senso dai vicini di casa

La recente pronuncia della Cassazione ha aperto nuovi orizzonti in materia di tutela dalle molestie e dagli atti persecutori.

Questa sentenza ha delineato una netta distinzione tra le due fattispecie ed ha offerto un’interpretazione più chiara su come debbano essere valutate le azioni moleste nei confronti delle persone.

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Ora ti puoi proteggere dai vicini di casa – Sulmonaoggi.it

Con questa decisione si rafforza ulteriormente il quadro normativo volto a tutelare le persone dalle violenze psicologiche continue ed estreme rappresentate dallo stalking.

Il delitto di stalking secondo la legge

Il punto di partenza per comprendere la portata della sentenza è l’analisi dell’articolo 612-bis del codice penale che punisce gli “Atti persecutori”. Questa norma mira a sanzionare comportamenti reiterati che generano nella vittima uno stato di ansia o paura tale da costringerla a modificare le proprie abitudini di vita. La legge identifica quindi nel reato abituale e nella reiterazione degli atti minacciosi o violenti i criteri distintivi dello stalking.

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Lo stalking è reato – Sulmonaoggi.it

La questione nasce dalla decisione del Tribunale di Milano che aveva optato per una riqualificazione del reato da atti persecutori a semplice molestia, condannando l’imputato al pagamento di un’ammenda. Tale interpretazione è stata contestata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio, il quale ha sollevato dubbi sull’adeguatezza dell’applicazione delle norme relative alla valutazione delle prove e alla gravità dei fatti commessi dall’imputato.

Nel suo intervento, la Corte Suprema ha dapprima affrontato questioni procedurali riguardanti l’ammissibilità dell’appello presentato dal P.M., stabilendo criteri precisi per la valutazione dei requisiti necessari all’accoglimento dell’impugnazione in sede di legittimità. Superata questa fase preliminare, i giudici hanno rivolto la loro attenzione al merito della questione.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: nel caso degli atti persecutorii previsti dall’art. 612-bis c.p., l’evento dannoso deve essere visto come risultante dalla condotta complessiva dell’agente e non da singoli episodi isolati. È proprio questa ripetitività degli attacchi a generare nella vittima uno stato psicologico alterato che può manifestarsi attraverso ansia grave o cambiamenti nelle abitudini quotidiane.

Nel caso specifico esaminato dalla Corte, emergeva chiaramente come le azioni dell’imputato avessero causato nelle vittime uno stato costante di ansia e paura, tanto da indurle a cambiare residenza o ad alterare significativamente il proprio stile di vita quotidiano. Questa circostanza dimostrava inequivocabilmente che si era oltrepassata la soglia delle semplici molestie per entrare pienamente nel campo d’applicabilità del reato più grave previsto dall’art. 612-bis c.p..

In virtù di queste considerazioni, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, sottolineando così l’importanza attribuita alla protezione individuale contro forme invasive e persistentemente moleste comportamenti quali quelli oggetto del procedimento in esame.

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